Il libretto rosso di Cuba by Fidel Castro

Il libretto rosso di Cuba by Fidel Castro

autore:Fidel Castro [Gagarin, Jurij]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788867180363
editore: Red Star Press
pubblicato: 2014-11-19T16:00:00+00:00


Questi numeri parlano senza possibilità di replica.

«È una vergogna e un disonore per l’esercito avere avuto nella battaglia perdite tre volte maggiori di quelle degli attaccanti; bisogna uccidere dieci prigionieri per ogni soldato morto», questo è il concetto che hanno dell’onore i sergenti furieri promossi generali il 10 marzo66 e questo è l’onore che vogliono imporre all’esercito nazionale. Onore falso, onore finto, onore di facciata costruito sulla menzogna, sull’ipocrisia e sul crimine: assassini che impastano con il sangue una maschera di onore. Chi gli ha detto che morire combattendo è un disonore? Chi gli ha detto che l’onore di un esercito consiste nell’assassinare feriti e prigionieri di guerra?

Nelle guerre, gli eserciti che assassinano i prigionieri si sono sempre guadagnati il disprezzo e l’esecrazione del mondo. Una codardia così grande non ha giustificazione, anche se stessimo parlando di nemici della patria che invadessero il territorio nazionale. Come scrisse un liberatore dell’America del sud: «Neanche la più stretta obbedienza militare può trasformare la spada del soldato nella mannaia di un carnefice».

Il militare d’onore non assassina dopo il combattimento il prigioniero indifeso, ma lo rispetta; non finisce il ferito, ma lo aiuta; impedisce il crimine e se non può impedirlo fa come quel capitano spagnolo che nel sentire i colpi con cui fucilavano gli studenti spezzò indignato la propria spada e rinunciò a continuare a servire il suo esercito67. Coloro che assassinarono i prigionieri non si comportarono da degni compagni di quelli che morirono. Vidi molti soldati combattere con magnifico valore, come quelli della pattuglia che sparò contro di noi con le mitragliatrici in un combattimento quasi corpo a corpo, o come quel sergente che, sfidando la morte, si impossessò del segnale di allarme per mobilitare l’accampamento. Alcuni sono vivi, me ne rallegro; altri sono morti: erano convinti di adempiere il loro dovere e ciò li rende ai miei occhi degni di ammirazione e di rispetto; mi dispiace soltanto che degli uomini valorosi siano caduti difendendo una cattiva causa. Quando Cuba sarà libera, dovrà rispettare, proteggere e aiutare anche le mogli e i figli dei valorosi che caddero davanti a noi: quei soldati non hanno colpa delle disgrazie di Cuba, sono solo vittime di questa nefasta situazione.

Ma l’onore che i soldati hanno guadagnato con le armi, cadendo nel corso della battaglia, è stato macchiato dai generali che hanno ordinato di assassinare i prigionieri dopo il combattimento. Uomini nominati generali dalla sera alla mattina, senza avere sparato un solo colpo, che si guadagnarono le stellette con l’alto tradimento della repubblica e che, per quanto riguarda il 26 luglio, ordinarono di assassinare i prigionieri di un combattimento al quale non avevano partecipato: questi sono i generali del 10 marzo, generali che non sarebbero stati buoni neanche a spronare i muli che trasportavano le vettovaglie dell’esercito di Antonio Maceo.

Se l’esercito ha avuto perdite tre volte maggiori delle nostre, è stato perché i nostri uomini erano magnificamente addestrati, come gli stessi soldati hanno riconosciuto, e perché erano state prese delle misure tattiche adeguate. Se l’esercito non ha



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